201707.25
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Ora conviene fare causa alla struttura sanitaria ed all’assicurazione, non più ai medici

Articolo a cura dell’Avv. Daniele C. A. Borgogno

Grazie alle recenti modifiche, il paziente danneggiato può chiedere il risarcimento di tutti i danni subiti direttamente all’ospedale ed alla compagnia d’assicurazioni, come avviene di regola per gli incidenti stradali (settore R.C.A., art. 144 del Codice delle Assicurazioni), posto che entrambi debbono ora risponderne solidalmente.

La Legge Gelli-Bianco è entrata in vigore l’1 aprile 2017 (Legge N. 24/2017) ed ha notevolmente ridisegnato la materia della responsabilità medica.

Pur non esente da difetti e lacune (anche sotto il profilo della responsabilità penale, in cui sarebbe auspicabile fare di più e con maggiore chiarezza a favore dei medici, della prevedibilità della condotta e dei riflessi della colpa), a opinione dello scrivente, ha comunque compiuto qualche significativo passo avanti, sia a favore dei medici  – che sono la parte certamente più debole del sistema sanitario, posto che il rischio è una parte strutturale del gioco, ma deve essere assunto da soggetti in grado di gestirlo, che dovrebbero essere gli unici a farsene carico, quali gli ospedali e le compagnie d’assicurazioni, con lo scopo di evitare quanto più possibile il coinvolgimento diretto dei sanitari nelle cause civili, sul condivisibile principio che i medici debbano comunque continuare a lavorare più sereni possibile per il benessere di tutti, riducendo il loro  timore di essere coinvolti in infondate controversie giudiziarie, favorendo altresì la progressiva diminuzione della medicina difensiva – sia  a favore dei soggetti danneggiati, posto che l’azione diretta nei confronti dell’assicurazione è stata concepita con lo scopo di favorire accordi conciliativi e più veloci liquidazioni dei danni, per fondate richieste risarcitorie. La tutela dei danneggiati per condotte riconducibili ad errori sanitari deve necessariamente passare tramite una celere procedura risarcitoria, per evitare che chi subisce un danno anche grave debba aspettare anni per essere risarcito compiutamente. Ad ogni modo ne vedremo e valuteremo gli effetti, in termini pratici, in questi prossimi anni.

Ed infatti, sulla base di quanto in claris disposto dalle nuove norme, la struttura sanitaria e la compagnia assicurativa risponderanno per tutti i danni causati al paziente ed ai famigliari per errori medici e di tutto il personale, a titolo di responsabilità contrattuale, mentre i medici a titolo di responsabilità extracontrattuale, con importanti e diverse conseguenze sul piano probatorio della colpa medica e della prescrizione del diritto al risarcimento del danno.

In questa materia è in primo luogo fondamentale – per la tutela degli interessi del proprio assistito, a prescindere dalla parte difesa  – una buona relazione medico-legale di parte (ove necessario, anche con la partecipazione dello specialista, che fra l’altro è oggi obbligatorio in sede di C.T.U., come innovato dalla Gelli-Bianco), per capire innanzitutto se sotto un profilo medico-legale vi sono stati errori commissivi e/o omissivi dei medici o degli operatori sanitari. In caso di perizia effettuata a favore del paziente danneggiato, una volta esattamente individuati gli errori la perizia deve provvedere a descriverli compiutamente, anche rispetto alle condotte che avrebbero dovuto  invece essere adoperate con riguardo al caso specifico – con citazione delle linee guida e della letteratura medica applicabile, italiane ed internazionali  – posto che risulta altresì necessario collegare gli errori, sotto un profilo causale (causa ed effetto), alle problematiche insorte al danneggiato (insorgenza o aggravamento di una o più patologie). La Consulenza deve infine prevedere, alla luce delle esposte premesse, una giusta valutazione del danno biologico, oltre alle inabilità temporanee, alle eventuali diminuzioni di capacità lavorativa, posto che deve essere il principale e necessario punto di partenza delle consequenziali valutazioni giuridiche dell’Avvocato in materia di responsabilità medica.

Una consulenza medico-legale di basso livello e profilo è deleteria innanzitutto per la parte che dovrebbe invece tutelare, posto che disorienta ogni consequenziale e necessaria valutazione, ed è totalmente da evitare perché avvantaggia oltremodo le controparti e finisce per far perdere vigore e credibilità a qualunque azione, anche astrattamente fondata.

Con l’entrata in vigore della Legge Gelli-Bianco di norma la struttura sanitaria risponde contrattualmente ex art. 1218 C.C., mentre l’esercente la professione sanitaria risponde a titolo extracontrattuale, ex art. 2043 C.C.

Ritengo sia stata un buon passo nella giusta direzione.

Da un lato, come detto, fornisce al paziente danneggiato un soggetto, quale la Compagnia d’Assicurazioni, solidalmente responsabile insieme alla struttura sanitaria per i danni causati, tramite l’azione diretta, soggetto solvibile e che pagherà nel caso di accordo o di condanna.

Dall’altro lato alleggerisce la posizione giuridica precedente dei medici in materia civile ed inoltre dovrebbe consentire una diminuzione dell’inutile medicina difensiva, quali ad esempio esami strumentali e diagnostici che non sono utili per i pazienti e costano allo Stato parecchi miliardi di euro l’anno, che vengono prescritti in ragione del timore che le carenze del sistema giuridico possano ripercuotersi sulla responsabilità patrimoniale del medico e sulla sua serenità lavorativa e famigliare, anche a prescindere dalla fondatezza delle richieste.

Medico che comunque non è stato totalmente sottratto dalle ipotesi di responsabilità civile, ma che ora risponde per dolo o colpa grave, ex art. 2043 C.C., con naturale e consequenziale diminuzione del contenzioso nei prossimi anni nei confronti dei medici, posto che l’eventuale convenienza della loro chiamata in Giudizio e coinvolgimento nelle richieste risarcitorie da parte del soggetto danneggiato verrà ora probabilmente effettuata solo nel caso di ricorrenza di errori gravi e palesi.

La materia della responsabilità contrattuale è sottoposta ad un regime probatorio molto più agevolato, soprattutto sotto il profilo della dimostrazione della colpa, per il paziente-danneggiato, che dovrà dimostrare di essere entrato in contatto con la struttura pubblica o privata, fornendo i documenti in proprio possesso (quali ad esempio le cartelle cliniche), descrivendo una condotta sanitaria astrattamente idonea a causare il danno (nesso eziologico, da indicare tramite una relazione medico-legale), imputando l’insorgenza delle patologie o l’aggravamento delle stesse alle condotte sanitarie. In materia di responsabilità contrattuale il termine di prescrizione è decennale, mentre la prescrizione in materia di responsabilità extracontrattuale è quinquennale, ma si applica nei soli confronti dei sanitari.

A questo punto l’ospedale dovrà dimostrare di aver bene e diligentemente curato il paziente.

Ed infatti, come anche recentemente affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, a conferma dell’indirizzo consolidato: “In materia di responsabilità professionale medica questa Corte ha affermato che una volta che l’attività probatoria dell’attore consenta di ritenere dimostrato il contratto (o contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia, con l’allegazione di qualificate inadempienze in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, scatta l’onere del convenuto di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia può essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non ha avuto alcuna incidenza eziologica nella produzione del danno (Cass. Civ. Sez. Un. 11 gennaio 2008, n. 577; Cass. Civ. 26 febbraio 2013, n. 4792; Cass. Civ. 21 luglio 2011, n. 1593).” (così Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza N. 6471/2017).